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L’eredità del colonialismo nelle rappresentazioni contemporanee del corpo femminile nero

L’eredità del colonialismo nelle rappresentazioni contemporanee del corpo femminile nero, in «Zapruder. Storie in movimento», Brava gente. Memoria e rappresentazioni del colonialismo, a cura di Elena Petricola e Andrea Tappi, n. 23, settembre-dicembre 2010, pp. 106-15

Nella condizione postcoloniale che stiamo vivendo – quando l’incontro tra donne e uomini provenienti dalle nazioni colonizzatrici e colonizzate non avviene più sul terreno delle colonie ma nelle metropoli multiculturali dell’occidente – le rappresentazioni della razza e della sessualità sopravvivono ai processi di decolonizzazione. In particolare – come ha osservato Nicoletta Poidimani – «vecchi e sperimentati dispositivi razzisti e de-umanizzanti che si formarono proprio nei cinquant’anni dell’esperienza coloniale in Africa» si riattivano oggi «sulla pelle di donne e uomini migranti, in nome della sicurezza». L’analisi delle rappresentazioni passate e presenti del corpo femminile nero è dunque uno strumento utile per comprendere l’intersezione tra sessismo e razzismo, nel tentativo di contribuire a quel processo di rielaborazione della storia coloniale italiana che è stato solo recentemente avviato.
Le metafore sessuali e di genere sono state utilizzate per rappresentare le relazioni di potere tra colonizzatori e colonizzati: mentre le terre da conquistare subivano un processo di esotizzazione e di femminilizzazione, le donne africane apparivano come un bottino di guerra per i soldati italiani. Nel 1937 Filippo Tommaso Marinetti descriveva l’Africa come un territorio «ricco di ondulazioni femminili» e le grotte e i tucul rastrellati dai soldati come «affumicati uteri montani da visitare ginecologicamente». Il possesso del corpo delle donne nere coincideva con la conquista del territorio coloniale – un territorio “vergine” da “penetrare” – e la soddisfazione del desiderio maschile coincideva con la vittoria militare del fascismo. Come ha illustrato Giulietta Stefani:

È significativo rilevare […] che fin dai primordi dell’espansione coloniale […] la rappresentazione femminilizzante ed erotizzata delle terre conquistate sia servita ad alimentare o rassicurare modelli di potere maschile fondati sulla forza e la prevaricazione. Inoltre, attraverso il simbolismo del rapporto tra i generi, cioè del dominio maschile sul genere femminile, il potere coloniale (maschile) sulle terre colonizzate (femminili) è stato interiorizzato come parte dell’ordine naturale delle cose.

In queste pagine analizzo alcune immagini ricorrenti nell’immaginario collettivo, cercando di individuare il nesso tra l’esotizzazione del corpo femminile nero durante il colonialismo e le sue rappresentazioni nell’Italia post-coloniale, per verificare se gli stereotipi e i meccanismi di potere forgiati durante il regime persistano tuttora, oppure se sia possibile rintracciare in esse degli elementi che sovvertano le rappresentazioni egemoniche […]

 

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