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FeminismIsForEverybody #3 bell hooks, La sorellanza è ancora potente

bell hooks, Sisterhood Is Still Powerfull, in Feminism is for Everybody: Passionate Politics, South End Press, Cambridge, MA, 2000, pp. 13-18 (trad. it. di sonia sabelli)

Quando fu introdotto, lo slogan «La sorellanza è potente» era favoloso. Ho cominciato a partecipare attivamente al movimento femminista quando ero al secondo anno di università. Prima di trasferirmi all’università di Stanford avevo frequentato per un anno un college esclusivamente femminile e avevo sperimentato in prima persona quanto fossero diverse l’autostima e l’autoaffermazione femminili, quando i maschi erano presenti nelle classi. Le donne parlavano meno, prendevano meno iniziative e, se parlavano, spesso era difficile sentire cosa stessero dicendo. Le loro voci erano prive di forza e sicurezza. E tanto per peggiorare la situazione, i professori ci ripetevano continuamente che non eravamo intelligenti quanto i maschi e che non avremmo potuto diventare “grandi” pensatrici, scrittrici e così via. Questi atteggiamenti mi scioccavano, poiché venivo da un ambiente esclusivamente femminile, in cui il nostro valore e il nostro potenziale intellettuale erano costantemente confermati dagli standard di eccellenza accademica che le nostre professoresse avevano stabilito per se stesse e per noi.

Sono davvero in debito con la mia professoressa di inglese bianca preferita, che pensava che io non stessi ricevendo la guida accademica di cui avevo bisogno, perché nel nostro college femminile non c’era un corso intensivo di scrittura. Fu lei a incoraggiarmi a iscrivermi a Stanford. Era convinta che un giorno sarei diventata una scrittrice e una pensatrice importante. A Stanford la mia abilità era continuamente messa in discussione. Cominciai a dubitare di me stessa. Fu allora che il movimento femminista sconvolse il campus. Le studentesse e le professoresse pretendevano di mettere fine alla dominazione basata sul genere dentro e fuori la classe. Accidenti, è stato un periodo intenso e favoloso. Lì ho frequentato il mio primo corso di studi delle donne con la scrittrice Tillie Olsen, che spingeva i suoi studenti a riflettere innanzitutto sul destino delle donne provenienti dalla classe operaia. Lì la studiosa che sarebbe diventata la biografa di Anne Sexton, Diane Middlebrook, distribuì una mia poesia senza nome, durante il nostro corso di poesia contemporanea, chiedendoci se l’avesse scritta un uomo o una donna, un esperimento che ci fece riflettere criticamente sull’atto di valutare un testo scritto in base al genere. Lì, a 19 anni, ho cominciato a scrivere il mio primo libro, Ain’t I a Woman. Black Women and Feminism. Nessuna di queste incredibili trasformazioni sarebbe avvenuta se il movimento femminista non avesse creato le fondamenta per la solidarietà tra donne.

Queste fondamenta poggiavano sulla nostra critica di quello che allora chiamavamo «il nemico interno», riferendoci al nostro sessismo interiorizzato. Sapevamo in prima persona che, in quanto donne, eravamo state tutte socializzate dal pensiero patriarcale a vedere noi stesse come inferiori agli uomini, a vederci sempre e soltanto le une in competizione con le altre per ottenere l’approvazione patriarcale, a guardarci l’un l’altra con invidia, paura e livore. Il pensiero sessista ci faceva giudicare l’un l’altra senza compassione e ci faceva punire severamente le une con le altre. Il pensiero femminista ci aiutò a disimparare l’odio per noi stesse. Ci permise di sfuggire all’influenza che il pensiero patriarcale aveva sulle nostre coscienze.

La solidarietà maschile era un aspetto accettato e affermato della cultura patriarcale. Si presumeva semplicemente che gli uomini in gruppo sarebbero stati uniti, si sarebbero supportati l’un l’altro, sarebbero stati compagni di squadra, avrebbero messo il bene del gruppo davanti ai profitti e ai riconoscimenti personali. La solidarietà femminile non era possibile all’interno del patriarcato; era un atto di tradimento. Fu il movimento femminista a creare le condizioni di possibilità per la solidarietà femminile. Non ci eravamo unite contro gli uomini, ci eravamo unite per proteggere i nostri interessi in quanto donne. Quando sfidammo i professori che non insegnavano su libri scritti da donne, non era perché non ci piacevano quei professori (spesso ci piacevano); volevamo, giustamente, mettere fine ai pregiudizi di genere nella classe e nel curriculum.

Le trasformazioni femministe che stavano avvenendo nel nostro college misto, agli inizi degli anni settanta, stavano avvenendo anche nelle case e nel mondo del lavoro. Innanzitutto il movimento femminista incoraggiava le donne a non vedere più se stesse e i loro corpi come proprietà degli uomini. Per reclamare il controllo della nostra sessualità, i diritti riproduttivi e un reale controllo delle nascite, per mettere fine allo stupro e alle molestie sessuali, avevamo bisogno di essere solidali. Se volevamo cambiare le discriminazioni sul lavoro subite dalle donne, avevamo bisogno di fare pressione in quanto gruppo per cambiare le politiche sociali. Sfidare e cambiare il pensiero sessista delle donne era il primo passo per creare la sorellanza potente che avrebbe finito per scolnvolgere la nostra nazione.

Subito dopo il risveglio della rivoluzione dei diritti civili, il movimento femminista degli anni settanta e ottanta cambiò il volto della nostra nazione. Le attiviste femministe che resero possibili questi cambiamenti si preoccupavano per il benessere di tutte le donne. Comprendevamo che la solidarietà politica tra le donne espressa nella sorellanza va oltre il riconoscimento positivo delle esperienze delle donne e perfino oltre la consapevolezza di condividere le stesse sofferenze. La sorellanza femminista è radicata nell’impegno condiviso nella lotta contro l’ingiustizia patriarcale, indipendentemente dalla forma che questa ingiustizia assume. La solidarietà politica tra le donne indebolisce sempre il sessismo e prepara il terreno per la disfatta del patriarcato. È significativo che la sorellanza non avrebbe potuto attraversare i confini di razza e classe se le singole donne non fossero state disposte a spogliarsi del proprio potere di dominare e sfruttare gruppi di donne subalterne. Finché le donne useranno il potere di razza o classe per dominare altre donne, la sorellanza femminista non sarà pienamente realizzata.

Negli anni ottanta, quando un maggior numero di donne cominciò a rivendicare opportunisticamente il femminismo – senza passare per l’autocoscienza femminista che avrebbe permesso loro di liberarsi del proprio sessismo – l’assunto patriarcale che il forte debba dominare sul debole informò le loro relazioni con le altre donne. Quando le donne, in particolare le donne bianche che erano state private del privilegio, cominciarono ad acquisire il potere di classe senza liberarsi del loro sessismo interiorizzato, le divisioni tra le donne si intensificarono. Quando le donne di colore criticarono il razzismo all’interno della società nel suo insieme e richiamarono l’attenzione sui modi in cui il razzismo aveva caratterizzato e influenzato la teoria e la pratica femminista, molte donne bianche semplicemente fecero retromarcia sull’ideale della sorellanza, chiudendo le loro menti e i loro cuori. E lo stesso avvenne quando emerse la questione del classismo tra le donne.

Mi ricordo quando le femministe, in maggioranza donne bianche con un privilegio di classe, dibattevano la questione se si dovesse assumere o meno un aiuto domestico, nel tentativo di trovare un modo per non partecipare alla subordinazione e alla de-umanizzazione di donne meno privilegiate. Alcune di queste donne riuscirono a creare legami positivi con le donne che assumevano, per ottenere un miglioramento reciproco in un più ampio contesto di diseguaglianza. Invece di abbandonare l’ideale della sorellanza, perché non potevano raggiungere una condizione talmente utopistica, crearono una sorellanza reale, che tenesse conto dei bisogni di tutte le donne coinvolte. Era questo il duro lavoro della solidarietà femminista tra le donne. Purtroppo, quando l’opportunismo all’interno del femminismo si intensificò, quando le vittorie femministe divennero comuni e dunque vennero date per scontate, molte donne non vollero più lavorare duro per realizzare e sostenere la solidarietà.

Molte donne rinunciarono del tutto alla nozione di sorellanza. Le singole che in passato avevano criticato e sfidato il patriarcato si ri-allinearono con gli uomini sessisti. Le donne radicali, che si sentirono tradite dalla feroce competizione negativa tra le donne, spesso si ritirarono completamente. E a questo punto il movimento femminista, che mirava a trasformare positivamente le vite di tutte le donne, divenne più stratificato. L’ideale della sorellanza, che era stato il grido di battaglia del movimento, sembrò non essere più importante per molte donne. La solidarietà politica tra le donne, che era stata la forza che aveva realizzato un cambiamento positivo, fu sistematicamente indebolita e minacciata, e lo è tuttora. Di conseguenza, oggi abbiamo bisogno di un rinnovato impegno nella solidarietà politica tra le donne, così come ne avevamo bisogno quando il movimento femminista contemporaneo era solo agli inizi.

L’ideale della sorellanza che avevamo agli inizi del movimento femminista contemporaneo era privo di un’effettiva comprensione del lavoro concreto che avremmo dovuto fare per trasforamre la solidarietà politica in una realtà. Grazie all’esperienza, al duro lavoro e, sì, imparando dai nostri fallimenti e dai nostri errori, ora abbiamo a disposizione un corpus teorico e una pratica condivisa che può insegnare a coloro che si sono appena convertite alla politica femminista che cosa c’è da fare per creare, sostenere e proteggere la solidarietà tra noi. Poiché moltissime giovani donne sanno poco del femminismo e molte presumono erroneamente che il sessismo non sia più un problema, l’educazione femminista alla consapevolezza critica deve essere costante. Le pensatrici femministe più esperte non possono dare per scontato che le giovani donne acquisiscano una conoscenza del femminismo lungo la strada verso l’età adulta. Hanno bisogno di una guida. In generale nella nostra società le donne stanno dimenticando il valore e il potere della sorellanza. Un movimento femminista rinnovato deve risollevare in alto lo striscione per proclamare ancora che «la sorellanza è potente».

I gruppi radicali di donne continuano il nostro impegno per costruire la solidarietà, per trasformare la solidarietà politica femminista tra le donne in una realtà incessante. Continuiamo a lavorare per stabilire legami attraverso la razza e la classe. Continuiamo a mettere in atto il pensiero e la pratica antisessista che dimostra che le donne possono ottenere l’autorealizzazione e il successo senza dominare l’una sull’altra. E abbiamo la gran fortuna di sapere, ogni giorno delle nostre vite, che la sorellanza è effettivamente possibile, e che la sorellanza è ancora potente.

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