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Il piacere di confondere i confini. Gender, generi letterari e genealogie nella letteratura italiana della migrazione

Questo intervento è stato presentato al convegno internazionale Dentro/Fuori, Sopra/Sotto: Feminist Criticism and the Literary Canon in Italian Studies, St. Catharine’s College, Cambridge (UK), 9-10 settembre 2005.

Una successiva versione (rielaborata e ampliata) è il saggio Scrittrici eccentriche. Generi e genealogie nella letteratura italiana della migrazione, in  Alessia Ronchetti, Serena Sapegno (a cura di), Dentro/Fuori – Sopra/Sotto. Critica femminista e canone letterario negli studi di italianistica, Longo, Ravenna 2007, pp. 171-9.

Il piacere di confondere i confini.
Gender, generi letterari e genealogie nella letteratura italiana della migrazione

In questo intervento analizzo le opere di tre autrici migranti che scrivono in lingua italiana: Geneviève Makaping (Camerun), Jarmila Oĉkayová (Slovacchia) e Christiana de Caldas Brito (Brasile). La letteratura italiana contemporanea non è solo quella dei classici – rigorosamente maschili – consacrati dal canone, ma è anche opera di queste autrici che la contaminano con altre culture ed altre lingue, decostruendo i confini dell’appartenenza nazionale, linguistica e di genere; mettendo in discussione le nozioni codificate di identità e sistema letterario; e contribuendo a rinnovare la lingua italiana: trasformata così in uno spazio aperto al confronto delle differenze (etniche, di genere, di classe, di razza e di preferenze sessuali). Qui la diversità non viene rappresentata nei termini di un’opposizione dualistica e gerarchica, ma come un antidoto contro l’omologazione.

La critica letteraria italiana finora non ha dedicato attenzione alla letteratura migrante, forse proprio perché essa ci induce a ripensare il modello compatto della nostra letteratura, mettendo in discussione i criteri in base ai quali si definisce e si valuta la letterarietà. Queste autrici sperimentano una duplice forma di esclusione: come straniere e come donne. In entrambi i casi – sia per la scrittura femminile, che per la letteratura della migrazione – il punto di partenza è un’opera di rimozione e di esclusione da parte della storiografia letteraria, dunque una condizione di estraneità rispetto al proprio contesto sociale e culturale.

Esiste un profondo gap tra la teoria della letteratura e la proliferazione delle molteplici pratiche letterarie. Ma questo riconoscimento può essere il punto di partenza per una ridefinizione dei nostri criteri metodologici. La lettura di questi testi fa vacillare infatti una serie di assunti – come i regimi disciplinari, i generi letterari, le periodizzazioni – che spesso vengono dati per scontati. Inoltre l’emergere della letteratura migrante costringe chiunque si occupi di critica letteraria ad uscire dal sistema chiuso della letteratura italiana, per allargare lo sguardo verso altri paesi, dove l’esperienza storica del colonialismo e delle migrazioni di massa, ha costretto il mondo intellettuale a confrontarsi da tempo coi temi della diaspora, della differenza e dell’alterità. Da qui scaturisce l’esigenza di produrre modelli educativi ed epistemologici che non siano basati su pratiche di esclusione o discriminazione, nonché la possibilità di aprire nuovi spazi creativi e alternativi per la rappresentazione della soggettività.

Tutte e tre le autrici assumono una posizione «eccentrica» rispetto ai canoni letterari e alla costruzione sociale del genere, dimostrando una profonda fiducia nella capacità della letteratura di rappresentare la molteplicità e la complessità della realtà contemporanea […]

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