Leggendo i giornali all’indomani dell’insediamento del nuovo governo, ho visto che la neoministra italocongolese Cécile Kyenge è stata definita come la prima donna «di colore» [come se dire «nera» fosse un insulto e come se il bianco fosse un non-colore] ad assumere l’incarico di «ministro» [al maschile, come se un ministro non potesse essere una donna e come se la gente nera non avesse un sesso]. Mentre l’interessata si è ritrovata a dover ribadire di essere una donna nera e di esserne fiera, i commenti apparsi sulla stampa hanno dimostrato ancora una volta che, come ci hanno insegnato le riflessioni delle femministe e delle lesbiche afroamericane, sessismo e razzismo agiscono sempre simultaneamente. Ecco perché ho letto con interesse – e pure con un certo sollievo – l’articolo pubblicato su Migranda e Marginalia col titolo Chi ha paura della donna nera? Tra i commenti che ho letto finora, questo è l’unico che, invece di concentrarsi solo sugli insulti razzisti oppure esclusivamente su quelli sessisti, abbia tenuto conto delle intersezioni tra i due sistemi di potere.
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