Skip to content


Dal margine degli studi di genere: una proposta politica

Le voci di protesta che si sono levate in seguito alla chiusura del corso di “Studi di genere” tenuto da Laura Corradi all’Università della Calabria, stanno facendo finalmente emergere sotto gli occhi di tutte e di tutti un quadro grave e inquietante, che conferma come gli studi di genere siano una questione politica. Tale quadro va letto, a nostro parere, su diversi piani.

Innanzitutto è necessario collocare questa vicenda in un orizzonte più generale che riguarda lo stato delle università italiane, dove i criteri del finanziamento pubblico e l’ingresso di forme di finanziamento privato privilegiano alcuni ambiti e oggetti di ricerca e ne marginalizzano, o escludono, altri. È noto come gli unici settori di ricerca che non soffrono dei tagli agli investimenti siano quelli relativi alla produzione bellica, alle nanotecnologie, agli strumenti tecnologici di controllo sociale.

Il piano successivo è quello che riguarda nello specifico gli studi culturali e, soprattutto, gli studi di genere. Generalmente le tematiche di genere vengono trattate in modo quasi clandestino all’interno di corsi o moduli che portano un altro nome, oppure vengono relegati a “parte seminariale” afferente a un corso specifico. Se, invece, com’è il caso dell’insegnamento tenuto da Laura Corradi, esso si colloca apertamente nell’ambito degli studi di genere, accade che venga cancellato da un giorno all’altro.

Dal nostro punto di vista, limitarsi a sostenere l’importanza degli studi di genere come una sorta di “valore aggiunto” nell’offerta formativa di questo o quell’ateneo rischia di essere controproducente e mistificatorio. Vogliamo, infatti, guardare la questione da un altro punto di vista e riteniamo che l’ostracismo contro gli studi di genere e/o la loro cancellazione siano il prodotto della cultura dominante in Italia: una cultura – se così la si può chiamare – che da una parte tende a ipersessualizzare le donne e dall’altra nega loro gli strumenti di critica e di autonomia.

Inoltre, con un intero apparato scolastico uniformato su un’offerta che è in realtà più informativa che formativa – basata, quindi, sulla passività della/del discente – gli studi di genere rappresentano senz’altro un’eresia, poiché propongono un approccio complesso e intersezionale, non nozionistico ma critico, non unidimensionale ma interdisciplinare.

Gli studi di genere offrono, in sostanza, delle griglie interpretative aperte e multiformi, stimolando a uno sguardo complesso e non riduttivo sull’esistente. E, ancora oltre, questo sguardo critico produce strumenti concreti di lavoro contro le discriminazioni e la violenza di genere, incluse le forme di razzismo e omo/transfobia – una ragione, questa, per cui dovrebbero essere inseriti nei curricula già a partire dalla scuola dell’obbligo. Invece, la realtà dimostra che chi è interessata/o ad acquisire o a sviluppare questi strumenti deve andare all’estero, poiché in Italia vige una sorta di censura della ricerca, della produzione teorica e del dibattito su questi temi. Sappiamo per esperienza quanto sia penalizzante, in sede di concorso o di abilitazione o anche solo di semplice partecipazione ai bandi per contratti di docenza, avere nel proprio curriculum pubblicazioni inerenti queste tematiche.

L’ostracizzazione e la cancellazione degli studi di genere, torniamo a ripetere, vanno dunque annoverate tra gli effetti del sessismo e del razzismo pervasivi e trasversali che sono dominanti in Italia. Al proposito ci teniamo a sottolineare come sia l’intero Paese, e non solo la Calabria, a rivelare l’urgenza di sviluppare strumenti efficaci per contrastare l’involuzione culturale che tende a coartare ancora una volta le donne, insieme alle soggettività che esprimono modelli di sessualità non conformi, in un ruolo subalterno e dipendente.

Ciò che è avvenuto all’UniCal non è che lo specchio di un processo in atto da anni in tutto il Paese. Non vogliamo quindi, limitarci a dare la nostra più sentita solidarietà a Laura Corradi, o a chiedere a uno specifico ateneo di non chiudere un determinato corso. Vorremmo invece invitare tutte e tutti coloro che operano nell’ambito della trasmissione dei saperi a partecipare a una riflessione più ampia sugli obiettivi dell’istruzione pubblica oggi in Italia (dalla scuola dell’infanzia all’università) e sull’importanza dell’apporto non solo teorico ma anche pratico che gli studi di genere hanno o possono avere nella formazione e nella vita – lavorativa ma non solo – di ciascuna/o, per trovare insieme strategie e strumenti per un’azione efficace contro la restrizione degli spazi di dibattito, ricerca, formazione.

Nicoletta Poidimani, Liliana Ellena, Sonia Sabelli, Sabrina Marchetti, Renata Pepicelli, Viola Lo Moro, Cristina Gamberi, Gaia Giuliani, Elisa G. A. Arfini, Lorenzo Bernini, Cristian Lo Iacono, Porpora Marcasciano, Vincenza Perilli, Jamila M.H. Mascat, Barbara De Vivo, Rachele Borghi, Brune Seban, Elena Petricola, Olivia Fiorilli, Laura Ronchetti, Valeria Ribeiro Corossacz, Sara Garbagnoli, Laura Scamorcin, Sara Gvero, Mariagabriella Di Giacomo, Sara De Simone, Laura Schettini, Domitilla Olivieri, Tiziana Mancinelli, Maria Antonietta Passarelli, Rita Debora Toti, Laura Talarico, Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone Sguardi sulle Differenze, Francesca Rinaldi, Elisa Brilli, Alessia Ronchetti

post scriptum
Per commenti, critiche, adesioni, compila il modulo per i commenti in fondo alla pagina.

Posted in studi delle donne e di genere.

Tagged with , , , , , .


9 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. sonia says

    grazie anche a te olivia! e sì, l’idea di un incontro nazionale è proprio ciò a cui stavamo pensando… per ora continuiamo a far girare il documento e mettiamo insieme le disponibilità, così poi verificheremo insieme come organizzarci. perciò invito ancora chi è interessata a segnalarcelo inserendo un commento qui sotto (la vostra mail non sarà resa pubblica ma almeno avremo un modo per restare in contatto).
    sonia

  2. olivia says

    Grazie Sonia,
    apprezzo molto la riflessione e ritengo che sia davvero necessario
    fare un’azione politica congiunta, collettiva, per la diffusione
    istituzionalmente riconosciuta delgi studi di genere nelle nostre
    università. feci già la proposta a Siena quando ci fu l’incontro snoq
    nazionale. Pensiamo ad un momento nazionale, tipo ‘gli stati generali’
    delgi studi di genere in Italia? Non so se possa avere senso, ma serve
    un’azione forte, di pressione, che si batta pe ril riconosicmento
    delgi studi di genere (con veri e propri corsi di laurea, come ce ne
    sono all’estero.)
    Mi rendo conto che organizzare una cosa grande costa fatica, e le
    energie di tutte noi sono sempr emeno, ma alameno possiamo iniziare a
    pensarci.
    Un caro saluto,
    Olivia

  3. sonia says

    grazie cinzia per le osservazioni! sì, io credo che la proposta debba assolutamente trovare degli sbocchi concreti ed è questo l’obiettivo del documento. ma per farlo bisogna unire le forze e trovare insieme le forme più efficaci.
    per questo chiedo a chi è interessata di utilizzare il modulo dei commenti qui sotto per segnalare una eventuale disponibilità a proseguire collettivamente la discussione.
    sonia

  4. cinzia says

    La vicenda del corso di Laura Corradi all’Unical ha mostrato una realtà che già si conosceva bene, ossia la fragilità degli studi di genere, che, col pretesto della crisi economica e la ridefinizione dei percorsi di studio, rischiano di essere spazzati via prima ancora di aver mai attecchito nel mondo dell’istruzione italiano. Tutto questo fa il paio con quanto sta accadendo nella scuola superiore: lo stravolgimento dei percorsi di studio, la totale cancellazione di ogni forma di sapere non “canonico” e la graduale l’imposizione di un sistema di valutazione inadeguato alla formazione di una coscienza critica degli studenti. Per questo ho apprezzato l’idea di lanciare una proposta politica per ridefinire, a partire dagli studi di genere, il sistema di istruzione italiano. Mi chiedo se vi siano dei modi per concretizzare questa proposta, dei contributi possibili per unire le voci di tutt* quell* che sono convinti che questa riduzione degli spazi di riflessione sia non casuale, dannosa e assolutamente da modificare.

  5. Grazia De Michele says

    “Non vogliamo quindi, limitarci a dare la nostra più sentita solidarietà a Laura Corradi, o a chiedere a uno specifico ateneo di non chiudere un determinato corso”. Questa frase mi sembra ingenerosa. Forse potreste valutare di riformularla.

Continuing the Discussion

  1. Paola Di Cori, Ancora sulla storia degli studi di genere | Sguardi sulle Differenze linked to this post on 14 Maggio 2013

    […] modo di scrivere, condivido le posizioni espresse dall’appello di Laura Corradi e dal documento Dal margine degli studi di genere firmato da ricercatrici di varie città. Vorrei aggiungere alcune osservazioni a quanto ha scritto […]

  2. Alisa Del Re: Killing me Softly… (sugli studi di genere all’università di Padova) | Sguardi sulle Differenze linked to this post on 9 Maggio 2013

    […] spunto dal documento “Dal margine degli studi di genere: una proposta politica” firmato da molte studiose e che condivido totalmente, riporto le affermazioni: “Gli studi di […]

  3. Dal margine degli studi di genere: una proposta politica | Sguardi sulle Differenze linked to this post on 27 Aprile 2013

    […] Per commenti, critiche, adesioni, usa il modulo dei commenti qui: http://sonia.noblogs.org/?p=2388 […]