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Ancora sulla musica sessista e omofoba

Questa settimana la redazione del martedì autogestito da feministe e lesbiche di Radio OndaRossa ha dedicato un breve spazio all’appello che sta circolando in rete contro la partecipazione del rapper Fabri Fibra al concertone del primo maggio a Roma e alla campagna di boicottaggio contro il reggae omofobo di Capleton, che a breve inizierà il suo tour italiano. Il contributo audio si può ascoltare qui (dura 4 minuti). Per chi volesse approfondire la critica del sessismo e dell’omofobia nella musica reggae, in particolare, segnalo alcuni contributi prodotti negli anni su questo tema, da sola o assieme ad altre, proprio a partire da una prospettiva femminista e postcoloniale. Al giugno del 2009 risale “Shot a Batty Boy”: Gender, Homophobia, and the Reggae Music Market in Postcolonial Europe, intervento presentato a Utrecht alla settima conferenza europea di ricerca femminista. Si trattava di una prima anticipazione di un percorso di ricerca più articolato, che si è concluso con la pubblicazione di ‘Dubbing di diaspora’: gender and reggae music inna Babylon, testo incluso prima nel numero speciale della rivista «Social Identities» intitolato Postcolonial Europe, poi nel volume Deconstructing Europe, a cura di Sandra Ponzanesi e Bolette Blaagaard (Routledge 2011) – ma prima o poi spero di riuscire a scriverne anche una versione italiana. Inoltre nel 2005, con le altre di Women in Reggae, avevamo intervistato due artiste giamaicane di diverse generazioni: Dawn Penn e Tanya Stephens (Il reggae è davvero solo un affare di uomini?, a cura di Women in Reggae, «Infoxoa», n. 19, marzo 2005, pp. 111-4).

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