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DWF, Attraversare i confini

Introduzione
Attraversare i confini

Sara De Simone, Sonia Sabelli
in «DWF – donnawomanfemme», n. 99, Confini (in)valicabili, 2013, 3, pp. 4-6

Questo numero di DWF raccoglie alcuni degli interventi presentati nel corso della giornata di studi Confini (in)valicabili, che si è tenuta il 24 maggio 2013 nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università La Sapienza (Roma), organizzata dal Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone «Sguardi sulle Differenze». L’evento costituiva l’ultimo appuntamento del ciclo di seminari Gli spazi delle donne, una questione privata?, nell’ambito del corso di Studi delle donne e di genere. Durante l’anno accademico 2012/13, infatti, abbiamo scelto di occuparci del dualismo tra spazio pubblico e privato, nelle esperienze e nelle pratiche politiche delle donne. Attraverso la giornata conclusiva, abbiamo voluto creare un’occasione di confronto sul senso dei confini e sulla possibilità di attraversarli da una prospettiva femminista e di genere: un’opportunità per discutere sul significato delle frontiere e della marginalità, intesa non solo come luogo di oppressione ma ― come sostiene bell hooks ― come spazio radicale e creativo di apertura e di resistenza.

Proprio per questo abbiamo deciso di invitare studiose/i e artiste/i con formazioni molto diverse tra loro, convinte che la ricchezza di un’occasione come questa potesse risiedere proprio nel rispetto delle reciproche differenze e nella ricerca di eventuali punti di contatto. Gli interventi inclusi in questo fascicolo, pur ruotando tutti attorno ai temi dei confini e delle frontiere, sono dunque caratterizzati da una prospettiva interdisciplinare, in cui gli studi femministi, di genere e queer si intersecano con la critica letteraria, la psicoanalisi, gli studi culturali, visuali e postcoloniali.

La sezione Materia si apre con un contributo di Francesca Bernardini sulle scritture autonarrative di alcune autrici italiane, come ad esempio Gianna Manzini e Paola Masino: se negli archivi degli scrittori si rileva una precisa distinzione tra vita intellettuale/professionale e vita privata, negli appunti delle scrittrici compaiono materiali eterogenei, in cui la dimensione intima, privata e l’attività intellettuale risultano strettamente connesse e complementari tra loro.

Sebbene l’autrice non abbia partecipato direttamente alla giornata di studi, ci è sembrata un’opportunità quella di inserire nel nostro discorso anche la traduzione di un saggio in cui Edvige Giunta analizza la reinterpretazione del mito di Persefone nelle scritture narrative di alcune autrici italo americane contemporanee: la loro esplorazione delle radici greche e siciliane non è un viaggio nostalgico, ma una ricerca femminista in cui esperienza personale, mito e storia si intrecciano.

Siamo particolarmente contente di presentare, a seguire, i contributi di tre giovani ricercatrici del Laboratorio «Sguardi sulle Differenze» che vivono e studiano/lavorano all’estero. Domitilla Olivieri esplora i confini da un duplice punto di vista, come spazi geopolitici materiali e come luoghi metaforici di produzione di un pensiero critico: a partire dal video-saggio di Ursula Biemann, Europlex, sviluppa un’analisi che si serve degli studi di genere, visuali e postcoloniali, per verificare come questi spazi liminali siano costruiti e inscritti sui corpi dei soggetti che li attraversano.

Tiziana Mancinelli, invece, utilizza il concetto di omonazionalismo per analizzare le tensioni emerse nel processo di costruzione dell’identità europea: l’immagine dominante di un’Europa liberale ― in cui il riconoscimento dei diritti di gay e lesbiche assurge a simbolo della modernità e della presunta superiorità dell’intera civiltà occidentale, contrapposta a un’idea del mondo musulmano come barbaro e arretrato ― finisce per tradursi nella chiusura delle frontiere, in particolare con politiche assimilazioniste e xenofobe che riproducono nuove forme di esclusione basate sulla sessualità e sul privilegio bianco.

L’articolo di Sara Gvero si concentra sui confini come luoghi di investimento emotivo e sul ruolo delle esperienze traumatiche nel dare forma al concetto di “nazionalità” per i soggetti marginalizzati. Servendosi della teoria degli affetti, l’autrice riflette su come l’identità nazionale si modelli attraverso «affetti negativi», quando la realtà della nazione è vissuta come il sito traumatico di dolorose esperienze personali e collettive, come nel caso della ex-Jugoslavia.

Nella sezione Poliedra abbiamo incluso gli interventi delle artiste e degli artisti che hanno partecipato al nostro incontro, contribuendo con le loro voci e i loro corpi ad ampliare lo spettro di analisi e offrendoci il loro personale punto di vista. Poter assistere a diverse performance dal vivo in uno spazio universitario è certamente un’occasione rara e preziosa. La Compagnia delle poete, un gruppo composto da una ventina di poete straniere e italostraniere, che provengono da diversi continenti ma scrivono tutte in lingua italiana, ha partecipato con tre dei suoi elementi: Livia Bazu, Helene Paraskevà e Sarah Zuhra Lukanic. Le tre artiste hanno recitato i propri versi, alcuni dei quali sono pubblicati in questo numero, accompagnate dal musicista senegalese Pape Kanouté, griot e suonatore di kora che, a sorpresa, nel corso del pomeriggio ha poi improvvisato un duetto con il percussionista di tamburi a cornice del Mediterraneo Luca Rossi. I due non si conoscevano, eppure in pochi minuti sono riusciti a intendersi e a mescolare perfettamente le proprie tradizioni musicali, mettendo in atto nel concreto, davanti ai nostri occhi, quell’attraversamento dei confini di cui stavamo discutendo.

Simona Filippini, fotografa, ci ha raccontato la sua esperienza con il progetto Di Lei. Donne globali raccontano, in cui un gruppo di lavoratrici domestiche straniere ha acconsentito a utilizzare la macchina fotografica per raccontare la propria quotidianità con le famiglie italiane per cui lavora. Negli scatti di cui offriamo qui alcuni esempi, dieci donne globali catturano momenti della giornata, gesti, oggetti, ritualità dello spazio privato per eccellenza, la casa, mostrando come i loro corpi e il loro lavoro “invisibile” attraversino questo spazio, in un’operazione che le trasforma (da oggetti passivi) in soggetti consapevoli della propria autorappresentazione.

Per concludere, Sara De Simone intervista il gruppo di ricerca artistica Teatro Deluxe, che ha partecipato alla giornata di studi con l’installazione performativa Animalità residua. Montando un parallelepipedo bianco ― una sorta di totem ― nell’atrio della Facoltà, i due artisti ci hanno condotto in un viaggio attraverso le origini. Da una crepa coperta di peli sono fuoriusciti e rientrati più volte elementi umani: in un continuo passaggio tra dentro e fuori, nell’attraversamento del limite, di nuovo l’esperienza del confine si è fatta visibile e plastica.

A partire dallo specifico posizionamento dell’autrice/autore, tutti i contributi inclusi in questo fascicolo esplorano le diverse declinazioni del concetto di confine, mostrano le relazioni di potere che le frontiere (materiali e metaforiche) contribuiscono a riprodurre ― in particolare per quanto riguarda i processi di costruzione del genere e della sessualità ― e svelano anche il potenziale liberatorio implicito nell’atto di valicare, oltrepassare, trasgredire i confini stessi. Parafrasando le parole di Donna Haraway in Manifesto cyborg, vogliamo concludere affermando che questo numero della rivista vuole essere il nostro contributo collettivo «a sostegno del piacere di confondere i confini e della nostra responsabilità nella loro costruzione».

Ringraziamo la redazione di DWF per averci offerto l’opportunità di curare questo fascicolo, dopo l’esperienza del numero 91-92 (Libertà. I percorsi del femminismo, 2011, 3-4) e del numero 87-88 (Modelli femminili, 2010, 3-4); questa occasione rappresenta per noi il naturale proseguimento di una preziosa collaborazione, avviata fin dagli inizi della nostra attività come gruppo, con la partecipazione al numero 3-4 del 2002 (Spazio). E ringraziamo, infine, tutte le studiose femministe che non sono citate esplicitamente in queste pagine ma che hanno contribuito attivamente e concretamente, con il loro impegno costante, volontario e non retribuito, a rendere possibili, a pensare, organizzare e realizzare le molteplici attività svolte dal Laboratorio «Sguardi sulle Differenze» nelle scuole e nell’università.

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