Oggi alle ore 18:00, alla Libreria Mondadori di via Piave 18, a Roma, Caterina Romeo e Filippo La Porta presentano il libro Patria e lettere. Per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia, di Ugo Fracassa, che insegna Critica letteraria e Teorie della letteratura all’università di Roma Tre. Nel luglio del 2002, a Lucca, durante il II Seminario degli scrittori migranti in Italia, lo scrittore brasiliano Julio Monteiro Martins aveva affermato che l’establishment letterario chiede che questi “intrusi” siano rinchiusi e segregati in una nicchia concettuale, così possono essere trattati con benevolenza, senza minacciare gli spazi degli scrittori “nativi”. Secondo Martins, il sistema è disposto a concedere loro un posto speciale, ciò che non è disposto a concedere, appunto, è la normalità; forse ad alcuni degli scrittori di origine straniera (ai meno bravi sicuramente) piace stare protetti all’ombra di questa nicchia, che gli offre una sorta di piccolo spazio editoriale non competitivo e sicuro, ma questi scompariranno di sicuro fra poco. Le cose maturano oggi in una direzione molto diversa – concludeva Martins – con un livello davvero superiore di qualità letteraria, tanto che pochi autori dovranno essere messi alla stessa altezza degli altri scrittori italiani, come Svevo o Morante. A dieci anni di distanza da queste osservazioni, mi sembra che il libro di Ugo Fracassa sia un tentativo riuscito in questo senso, proprio per la capacità di riconoscere, alle opere di scrittori e scrittrici migranti e postcoloniali, una possibilità di interazione all’interno del canone letterario italiano. Di seguito la scheda del libro, dal sito dell’editore.
Ugo Fracassa, Patria e lettere. Per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia, Giulio Perrone 2012
Tra il passato coloniale di alcune nazioni europee ed il presente migratorio che investe ampie zone del mondo globalizzato esiste una relazione che produce peculiari riflessi a livello letterario. A partire dalla consapevolezza del vincolo che lega, anche in Italia, lo specifico canone del romanzo postcoloniale e le nuove scritture migranti, il volume propone un’analisi per casi esemplari – Malaparte e Flaiano a fronte, tra gli altri, di Hajdari e Lakhous – che ambisce a suggerire un approccio critico bilaterale, ispirato ad un principio di complementarietà. Porre in valore la dimensione postcoloniale di certe scritture autoctone mentre si riconosce ai nostri narratori e poeti migranti piena cittadinanza nelle “patrie lettere”. Se gli usi dialettali o l’insistito omaggio ai nostri classici novecenteschi consentono, infatti, a certi autori italofoni contemporanei di interagire ormai con la tradizione nazionale, la centralità dell’immaginario coloniale ha prodotto, per esempio in Flaiano, stranianti epifanie d’oltremare nel cuore della dolce vita capitolina, e poteva consentire all’ultimo Malaparte di riconoscere, nelle umiliazioni imposte ai popoli del Corno d’Africa, l’eco di un celebre episodio napoletano de La pelle.